Vivo nella campagna a nord di Roma e negli ultimi tre giorni sono scoppiati incendi selvaggi.

Le fiamme hanno distrutto bellissimi e antichi uliveti e vigneti. Le colline sono bruciate, i tetti sono coperti di fuliggine e gli elicotteri dei vigili del fuoco che portano acqua vanno e vengono. Apro la finestra e vedo una landa nera. L’odore tossico del fumo riempie l’aria.

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Ogni estate è sempre lo stesso incubo, ma quest’anno è peggio. È un luglio rovente e molte aree in tutta Italia – rurali e urbane – stanno bruciando.

Nei primi sette mesi di quest’anno ci sono stati 346.000 incendi, più che nello stesso periodo del 2021, secondo la lobby degli agricoltori Coldiretti.

Si tratta di un mix di fattori: cause naturali (cambiamenti climatici, temperature più elevate, terreni più aridi) e cause umane dirette come gli incendi dolosi – un crimine che è aggravato, e accentuato, dalle norme e dalle multe non applicate in Italia.

Un elicottero dei vigili del fuoco e dei soccorsi lavora per spegnere un incendio selvaggio vicino alla casa dell’autore. Foto: Silvia Marchetti

A rapporto dell’associazione ambientalista Legambiente indica in circa 62.000 gli ettari di terreno bruciati nel 2020 a causa di incendi dolosi e per motivi legati alla mafia, come la costruzione di nuovi edifici e altri scopi di lucro, soprattutto nelle regioni meridionali.

Nel frattempo l’agenzia di protezione civile dice solo il due per cento degli incendi in Italia ha cause naturali.

Il problema è più o meno lo stesso in tutto il Paese: l’aumento delle temperature, unito ad azioni umane illecite, fa sì che gli incendi si moltiplichino.

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Gli stessi agricoltori possono bruciare le loro proprietà – o i vicini malintenzionati lo fanno per distruggere i loro profitti. Alcuni agricoltori non curano adeguatamente i campi, non tagliano l’erba prima dell’estate, poi quando arriva il caldo e non piove, la terra è tutta secca e pronta ad accendersi come un fiammifero.

A dicembre ho visto i proprietari della tenuta di fronte a casa mia, che in estate prende regolarmente fuoco, organizzare picnic e raccolte di olive, ma mai una volta hanno tagliato l’erba o potato gli alberi.

L’estate scorsa un incendio ha distrutto i loro ulivi secolari. Ci sono voluti 11 mesi perché la terra nera e bruciata tornasse verde e ora, esattamente un anno dopo, siamo di nuovo al punto di partenza: bruciati in cenere.

I vigili del fuoco con cui ho parlato durante il fine settimana hanno detto che sono in grado di distinguere gli incendi naturali da quelli causati da incendi dolosi: sembra che siano in grado di trovare una sorta di fiammifero “artificiale” che ha innescato l’incendio, come piccoli cumuli di erba secca posizionati in punti strategici.

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Esistono norme, sostenute da multe, che impongono agli agricoltori di mantenere la loro proprietà per motivi di sicurezza e ambientali, e norme che vietano di costruire su terreni bruciati per 15 anni. Ma le autorità locali non seguono i controlli e raramente fanno rispettare la legge, almeno dove vivo io.

La stagione invernale dovrebbe essere utilizzata per preparare le proprietà rurali ai mesi caldi, ma ciò accade raramente. Non è un segreto che la terra bruciata sia più fertile e produca olio d’oliva, frutta e verdura più succulenti.

Sabato un incendio sulla collina di fronte a casa mia ha quasi raggiunto la mia proprietà. Potevo vedere le fiamme lambire il sentiero forestale che porta al giardino.

Il crepitio del legno che brucia mentre l’incendio si propaga è spaventoso. È successo tutto molto rapidamente: in meno di 10 minuti il fumo si è trasformato in fuoco.

Le fiamme si alzano quando un terreno agricolo prende fuoco vicino alla casa dell’autore. Foto: Silvia Marchetti

Ho chiamato i vigili del fuoco e quando sono arrivati a casa mia, dopo un’ora, tutta la valle era nera e le fiamme erano ovunque, nuvole di fumo nel cielo. Hanno dovuto lavorare per sei ore per spegnerlo. Stavo per saltare in macchina e abbandonare la mia casa, perché vedevo le fiamme avvicinarsi. La signora accanto si sentì male e fu chiamata un’ambulanza, che però non arrivò mai perché l’autista non riuscì a trovare l’indirizzo.

I vigili del fuoco fanno un ottimo lavoro e rischiano la vita ogni giorno, ma si potrebbe fare di più per ridurre i tempi di reazione, mappando preventivamente le aree a rischio?

Queste tendono ad essere sempre le stesse, quelle “critiche”. Ogni estate, almeno nelle zone rurali, sono le valli, i frutteti e le tenute specifiche e conosciute a diventare cenere.

Le autorità potrebbero collocare nei punti a rischio una sorta di “rilevatori di allarme” che individuino i segni del fumo prima che si trasformi in fiamme selvagge? Potrebbe essere un primo passo per evitare la diffusione degli incendi.

Lo stesso tipo di strategia di prevenzione potrebbe essere applicata anche al monitoraggio delle valanghe, che stanno diventando sempre più frequenti e hanno già causato molte vittime nell’ultimo mese.

Le autorità dovrebbero mappare i pendii montani potenzialmente pericolosi dove neve e ghiacciai si stanno sciogliendo, sulla base del rilevamento delle temperature, e vietare agli escursionisti di avventurarsi in quei luoghi.

Credo che tutte queste tragedie (sì, un incendio è una tragedia anche quando non muore nessuno) siano dovute a cause umane. Quando l’incendio divampa “naturalmente” è dovuto a temperature estremamente calde legate al cambiamento climatico.

Dato che siamo stati noi a creare questo inferno, siamo gli unici che possono fermarlo, o almeno domarlo. Anche se potrebbe essere davvero troppo tardi.