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05.10.2022 – 10.33 – Si va dalla Campania alla Puglia, ma si tratta del reato di “resistere a pubblico ufficiale” Continueremo a parlare. In quel momento, la polizia ha rimorchiato l’auto Renault a mezzanotte e ha fermato l’auto Audi che trasportava, una Toyota Auris. Sia la Renault che la Toyota sono state rubate e gli aggressori, che sono stati arrestati dalla polizia, sono riusciti a fuggire attraverso l’erba dopo una rissa. Un elaborato inseguimento attraverso la boscaglia e il terreno roccioso, che coinvolge vari agenti, si conclude con la cattura del fuggitivo. Più tardi, l’ufficiale di polizia che ha detto ai magistrati di essere stato arrestato ha concluso: “Non sarà facile”.
Sì, non è stato facile. Ma cosa “non è stato facile”? I detenuti cercano di spiegare al giudice che queste parole non si riferiscono alla reclusione, ma a un inseguimento audace. Non è facile liberarsi delle farfalle e inciampare sui sassi, ma la cattura sarà pacifica…
Il giudice ascolta attentamente, ma rimane confuso. In effetti, un’analisi degli atti giudiziari mostra che l’imputato “ha usato la forza reale per evitare l’arresto” e poi “ha fatto un lungo volo attraverso le rocce inseguito dalla polizia” e alla fine ha reagito. “L’intervento di diversi agenti di polizia è stato così necessario per sfuggire all’arresto che il testimone ha chiuso la sua testimonianza con le parole ‘Non è stato facile’.
Escludendo così i fatti, la Suprema Corte ha spiegato che “l’atto di lotta di una persona fermata da un agente di polizia giudiziaria comporta la necessità della violenza, non una mera resistenza passiva” e che “è stato fermato da un agente di polizia giudiziaria”. .”Una risposta volontaria e istintiva per completare l’atto di pubblico ufficiale, ma l’uso effettivo della forza con lo scopo di neutralizzare l’atto ed eludere l’apprensione, l’evasione”. Il ricorso va pertanto respinto e la condanna confermata. . 18/2022)
[g.c.a.]
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