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Dopo l’auto, la casa: un nuovo voto ideologico sulla politica ambientale si sposta all’Europarlamento. Oggi, infatti, il Parlamento europeo ha approvato la cosiddetta direttiva sull’efficienza energetica delle case e degli edifici “verdi”.
Ricordiamo che la Direttiva fissa obiettivi negli Stati membri per la ristrutturazione di edifici residenziali e non residenziali al fine di migliorarne l’efficienza energetica nel prossimo decennio. Una sessione plenaria a Strasburgo ha votato 343 a favore della direttiva, 216 contrari e 78 astenuti. La Commissione ha ora il potere di avviare negoziati con il Consiglio, vale a dire con gli Stati, per finalizzare l’entrata in vigore della direttiva.
Il passaggio alle auto elettriche al 100% entro il 2035, approvato a febbraio da Strasburgo, è stato votato contro da tutti i parlamentari italiani dei tre partiti di centrodestra della coalizione di governo.
Cosa prevede la nuova direttiva?
A questo proposito, gli Stati dovrebbero rivolgersi a una transizione verde basata su una nuova direttiva incentrata su due settori: l’industria automobilistica e l’edilizia. Concentrandosi sui veicoli elettrici al 100% entro il 2035, una direttiva presentata dal Parlamento europeo dà uno sguardo a ciò che è in serbo oggi. In primo luogo, gli edifici sono classificati in base al loro impatto ambientale su una scala da A a G. Questa valutazione finale si basa su criteri puramente soggettivi e corrisponde al 15% degli edifici con le peggiori prestazioni energetiche garantite in tutti gli attributi. Paese Il G dell’Italia si differenzia quindi da un Paese con caratteristiche socio-economiche e storiche diverse, come la Polonia o la Romania, che dovrebbero spendere meno per ricostruire realisticamente i propri edifici, partendo da un livello di efficienza inferiore.
La direttiva prevede inoltre che gli edifici residenziali raggiungano la classe di efficienza energetica E entro il 2030 e D entro il 2033. Inoltre, ogni nuovo edificio dovrà essere a emissioni zero dal 2028 se realizzato da privati e dal 2026 se realizzato per scopi pubblici. La pressione dei tempi e il costo che potrebbe avere per l’Italia sono stati sottolineati da molti in passato, e oggi il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha chiesto che “a differenza di altri Paesi europei, il contesto italiano sia preso sul serio per ragioni storiche. Compatibilità geografica, così come la visione radicata della casa come “patrimonio dei profughi delle famiglie italiane”.
Su iniziativa del Partito popolare europeo, è stato approvato un emendamento alla direttiva che libera i proprietari di edifici storici da difficoltà finanziarie dagli obblighi di arbitrato. Ma la minaccia dell’iperideologia ambientale nella politica economica di transizione europea è reale.
Avviso, troppo zelante?
L’eurodeputato di Forza Italia, Massimiliano Salini, ha criticato la divisione della maggioranza che sostiene Ursula von der Leyen sulla direttiva Serra: favorevoli i Socialisti, i Verdi, parte dei Liberali europei rinnovati, Sinistra europea e piccole parti della Partito Popolare. Tutti i diritti e contro PPE parte. Per Salini, “questa mancanza di realismo è dettata da una bolla ideologica iper-ambientale lontana da cittadini e imprese e ha creato una profonda spaccatura che è apparsa oggi alla Camera europea e nella prossima riunione va vista per via della direzione”. Negoziati con un mandato molto debole, in un caso prima raramente accettato da una debole maggioranza’.
Il Copresidente del Gruppo Ecr Nicola Procaccini, il Capo Delegazione FdI-Ecr Carlo Fidanza e l’Europarlamentare “L’efficienza energetica degli edifici è un obiettivo condiviso, ma la pelle dei cittadini Non si può realizzare sopra”. Scrivo nella nota FdI-Ecr Pietro Fiocchi. “Il testo approvato oggi – prosegue – detta tempi incoerenti, non tiene conto delle differenze tra i vari Stati membri e non specifica gli stanziamenti destinato a sostenere questo percorso. In questi casi è aggravato dal possibile aumento del prezzo dei materiali da costruzione, dove vengono effettuati ingenti pagamenti per far fronte agli obblighi di una vera e propria “maschera del patriarcato” rivolta ai cittadini.
Si conferma la perniciosa tendenza dell’Unione Europea e della Commissione a mettere il carro davanti ai buoi quando si parla di transizione energetica. Prima di decidere un ritorno illimitato all’auto intorno al 2035, si potrebbe prendere in considerazione un grande progetto industriale per riconvertire stabilimenti e unità e produrre biocarburanti secondo il principio della neutralità tecnologica. La scienza ambientale stabilisce alcune priorità per le politiche edilizie dei paesi, piuttosto che accelerare una vaga direzione diretta verso un fine. Chiari obiettivi di decarbonizzazione o strategie innovative come la solarizzazione di nuovi edifici residenziali. Anche in questo caso, il più grande perdente è qualsiasi logica di politica industriale.
Nel primo caso, per l’Italia sono a rischio decine di migliaia di posti di lavoro. In secondo luogo, Francia e Germania rischiano costi multimiliardari. La prospettiva in evoluzione è complessa. Ma il voto di oggi al Parlamento europeo non è l’ultimo appello. C’è un’altra partita del Consiglio d’Europa.
Cosa può fare l’Italia?
Concordano Pizzetto e Salini, ricordando che nei prossimi mesi si terrà una partita cruciale in seno al Consiglio europeo, che dovrà decidere se approvare la decisione della Commissione o proporre emendamenti. È una piattaforma di dialogo non conflittuale per l’Italia, incentrata sulla coerenza tra l’esecutivo interno e le voci di partito nel Parlamento europeo, colmando il divario e superando le ideologie della Commissione.
Finlandia, Spagna e Paesi Bassi hanno già espresso diverse riserve sulla direttiva, che considerano troppo urgente. E Hague è particolarmente vicino a criticare l’amministrazione Maloney. Ma anche Emmanuel Macron e la Francia, già colpiti dall’influenza dell’ambientalismo ideologico nelle proteste dei Gilet Gialli del 2019, stanno cercando di essere cauti. Roma potrebbe trarre vantaggio dalle intersezioni comunitarie proponendo modifiche che estendono le tempistiche o alterano i limiti di esenzione per evitare disastri industriali.
La grande partita per l’Italia è l’approvazione in un unico pacchetto della direttiva sulla casa e della riforma delle prescrizioni sull’auto, che potrebbe rappresentare un’altra battuta d’arresto per il settore edile. Interruzione nel 2035, prevista per il 2026. Si tratta di formulare politiche di interesse nazionale al massimo livello, tutelando l’industria e la crescita, tutelando il risparmio e il benessere degli italiani. La maggior parte dei partiti del Paese non sono più vittime dell’estremismo ideologico di Bruxelles ed è una battaglia politica che vale la pena combattere per mostrare le proprie posizioni.
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