Carnevale ci sta tenendo compagnia già da qualche settimana e il paese festeggerà la sua fine con un botto il Shrove Martedì. Pochissime persone non sanno di questa famosa ricorrenza italiana, esportata in tutto il mondo. Il Carnevale è così amato fuori dall’Italia, che alcune delle sue incarnazioni straniere – leggi Rio, New Orleans o Notting Hill, a Londra – sono diventate famose quanto l’originale.
Ma l’italiano Carnevale rimane il re. Come un camaleonte, cambia abito, faccia e atteggiamento in ogni città che lo celebra: non deve sorprendere che abbia ancora qualche segreto da rivelare. Sapevi che…
1. I Romani ci hanno dato il Carnevale
… o i babilonesi. O i greci: l’origine del Carnevale è molto discussa, infatti, ma i romani Saturnalia sono tra i suoi capostipiti più quotati. Queste erano celebrazioni in onore del dio Saturno, durante le quali tutto era permessodalle pratiche orgiastiche ai banchetti luculliani, dai riti sacrificali allo scambio di regali, i Saturnalia erano un periodo in cui sia l’ordine sociale ordinario che le abitudini erano sovvertite. I Saturnalia, che andavano, come stabilito dall’imperatore Domiziano, dal 17 al 23 dicembre, avevano i loro princeps (principe), una figura caricaturale che rappresenta divinità infernali come Saturno o Plutone, guardiani e governatori del Grande Aldilà romano, ma anche associato alla fertilità della terra e al buon raccolto. Il princeps era solito indossare maschere diaboliche e condurre le celebrazioni dei Saturnalia per tutta la settimana.
Ti ricorda qualcosa?
2. …O erano i babilonesi?
A quanto pare, i Babilonesi avevano un modo interessante di onorare la lotta mitica tra il dio creatore Marduk e Tiamat il drago. La lotta, che era considerata l’origine della vita, veniva commemorata ogni anno poco dopo l’equinozio di primavera attraverso parate, mascherate e un periodo di libertà sociale e morale (o dovremmo chiamarla dissolutezza?).
3. Fano è il Carnevale più antico d’Italia
Abbastanza giusto, individuare l’origine di Carnevale non è semplice e forse nemmeno storicamente possibile. Quello che si può fare, però, è identificare con precisione il primo Carnevale organizzato nel paese: secondo i documenti manoscritti, è stato quello di Fano, nella regione italiana di Marche. Il documento attestante è conservato nell’Archivio Vescovile della città e fa risalire le prime celebrazioni al 1231. Questo rende il Carnevale di Fano più vecchio di un secolo rispetto ai precedenti documenti della Sezione dell’Archivio di Stato.
Nel 1871 fu creato un comitato organizzatore e, ancora oggi, più di 100.000 persone sono coinvolte ogni anno nel Carnevale di Fano. Stiamo parlando della festa più importante delle Marche, che attira migliaia di visitatori.
Il Carnevale di Fano è conosciuto principalmente per due cose: i suoi carri allegorici e la sua cerimonia di chiusura, il Rogo del Pupo. I carri di Fano non sono famosi solo per la loro produzione creativa e i loro personaggi colorati, ma anche perché durante i festeggiamenti vengono dispensati da chi è a bordo dolci, biscotti e cioccolatini a tutta la gente per le strade. Il Rogo del Pupo è la rievocazione di antichi riti sacrificali: il giorno del Giovedì Grasso, il carro del Pupo esce per le strade di Fano: per sei giorni il Pupo diventa il protagonista di Fano e supervisore di tutti i festeggiamenti. Il martedì grasso, ultimo giorno di Carnevale, il suo carro viene ritualmente dato alle fiamme, in un simbolico atto di espiazione degli eccessi della settimana, preparando così tutti alla Quaresima.
4. L’icona del Carnevale di Viareggio è un impressionante ibrido culturale
Da un famoso Carnevale ad un altro, quello di Viareggio. Qui, lo spirito del Carnevale è incarnato da una maschera, quella di Burlamacco, inventato dal pittore futurista locale Uberto Bonetti. L’idea era quella di creare un’effigie che simboleggiasse il Carnevale nel resto d’Italia e all’estero, una sorta di testimonial pubblicitario volto a portare turisti in città. Burlamacco, che eredita il suo nome forse dal canale che passa per Viareggio, la Burlamacca, o dalla parola italiana per scherzo, burla, è un clown composto utilizzando le caratteristiche più riconoscibili di altre maschere tradizionali: il suo cappello è quello di romano Rugantino, il suo mantello quello di Bologna Dottor Balanzone, il suo abito a scacchi deriva da Arlecchino‘s, la sua gorgiera è quella della Liguria Capitan Fracassa e il bottone pom-pom viene dal famoso personaggio francese di Pierrot.
5. Ringraziamo un italiano per la cartapesta!
Il Carnevale non sarebbe lo stesso senza i carri e i carri non esisterebbero se non ci fosse cartapesta, cartapesta. Prima della sua invenzione, esistevano dei galleggianti, ma erano pesanti e ingombranti: il primo fu creato a Viareggio nel 1873 da un gruppo di uomini che lavoravano al porto locale. Ispirandosi alle tecniche di ingegneria usate per costruire grandi navi, produssero un carro impressionante, ma difficile da manovrare. I personaggi reali su di esso sono stati fatti interamente in gesso. Nel 1925, l’italiano Antonio D’Ariano ha immaginato un modo completamente nuovo di creare figure, grandi e piccole, da usare sui carri: i modelli di terracotta venivano ricoperti di gesso, creando una copia vuota, che veniva poi riempita con strati di carta umida. Una volta asciugata, la figura di carta poteva essere facilmente rimossa dal suo modello di gesso, lasciando i suoi creatori con una copia perfetta di essa, solo molto più leggera.
6. … E Coriandoli?
Voi li chiamate confetti in inglese, noi li chiamiamo coriandoli, ma sono sempre la stessa cosa: quei piccoli, coloratissimi frammenti di carta di cui siamo spesso inondati a Carnevale, che riescono a entrare nelle nostre mutande e nelle nostre scarpe con la facilità con cui vola un uccello. Che li si ami o li si disprezzi, in Italia c’è poco che dica Carnevale quanto coriandoli. Sapete da dove viene il loro nome? Ammetto che, nonostante sia italiana, non lo sapevo e il motivo non è mai venuto in mente neanche a me, ma ecco qui. A quanto pare, qualche secolo fa in Italia si prese l’abitudine di usare i semi di coriandolo come oggetto di scena a Carnevale: li prendevano, li ricoprivano con un sottile strato di gesso e li lanciavano sulle persone, proprio come facciamo noi ancora oggi. Perché coriandoli? Beh, perché “coriandolo” in Italia è coriandolo, e i piccoli semi ricoperti di gesso hanno appena ereditato il nome della pianta da cui provengono.
Col tempo, la carta colorata prese il posto dei semi di coriandolo, ma il nome rimase.
7. Ultimo ma non meno importante: perché si mangiano le chiacchiere durante il Carnevale?
Da piemontese, chiamarle chiacchiere (chiacchiere o pettegolezzi o inutili chiacchiere in inglese) è molto strano: noi li chiamiamo bugie, che si traduce piuttosto incertamente in “bugie”. La verità è che (dimenticate il gioco di parole, non era voluto!) questi biscotti fritti tipicamente carnevaleschi hanno tanti nomi quante sono le nostre regioni; in realtà, ce ne sono ancora di più, con almeno 40 parole diverse usate in tutto il paese per questo dolce leggero come l’aria, ma ricco e dolce. Potreste sentirli chiamare bugie, struffole, cioffe, frappe, chiacchiere… si riferiscono tutti alla stessa cosa.
L’italiano standard ha scelto chiacchiere per loro, ma la verità è che ogni zona continua a usare il sostantivo che è tipico lì: non troverete mai un piemontese che li chiama chiacchiere e non bugie.
Sembra che l’origine del nome chiacchiere deriva dal fatto che sono molto facili da fare e che per prepararne molte bastano una manciata di ingredienti, proprio come succede con i pettegolezzi: basta un minimo di informazioni per inventare un sacco di cose!
Sette piccole storie dietro alcuni dei simboli più noti del Carnevale: ne conoscevi già qualcuno?
Francesca Bezzone
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