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Non confondiamo la storia del deputato della Nuova Sinistra Abubakar Sumahoro con il caso giudiziario. È chiaro che il tribunale indagherà sui fondi raccolti dalla sua azienda, sulla gestione delle cooperative di cui è titolare, sui mutui eventualmente acquistati e sugli oggetti di lusso. Ma non esitare. Non possiamo fare a meno di chiederci cosa sarebbe successo se gli stessi dubbi fossero stati attaccati al simbolo delle lotte del potere centrale. Resistiamo a questa tentazione iniziale. Questo è del tutto comprensibile, per favore.
Soumahoro è un prodotto della politica di sinistra. È un alibi allestito dagli eletti in circoli ristretti di movimento per apparire popolari. Soumahoro è la copertina dell’Espresso che lo ritrae accanto a Matteo Salvini e la didascalia: “Uomini e non”. Come ha detto: il primo appartiene alla nostra specie di animali, il secondo, cioè Salvini e la sua pretesa non ne fa parte. Siate certi che nessun ordine giornalistico censurerà questo insulto, né scandalizzerà alcun intellettuale.
Sumahoro è una vittima della sinistra che non sarà se stesso. “Non sarò il ragazzo di colore nel cortile”, ha parafrasato Malcolm Xi nel video. I suoi colleghi politici lo hanno usato in modo più sfacciato: il negro parlamentare. Un uomo a cui bisogna ricordare quotidianamente con i suoi stivali infangati la verità, anzi, la verità che va di moda dire oggi, della sua disumanità. Una parte della sinistra lo considerava un potenziale leader.
Lo scandalo non è il suo lavoro impegnato, né il suo premuroso entourage e la sua famiglia felice. Lo scandalo è che una parte della sinistra crede di poter governare questo Paese definendo Meloney “fastidiosa” e condannandola per sempre come misogina. Sinistra che considerava Murgia come il suo intellettuale di corte. Non poteva immaginare che gli italiani votassero per Berlusconi per vent’anni.
Soumahoro è alla nostra sinistra e Soumahoro è alla nostra sinistra. Sta cercando un simbolo per riempire il vuoto di idee che lo ha condannato a governare per decenni senza vincere le elezioni. In un’incredibile giustapposizione in cui tutto conta: un operaio con gli stivali infangati, un intellettuale sciatto, un banchiere della Bce e un racket della Corolla, riempie i campi dove Soumahoro fiorì prima di raggiungere il Parlamento.
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